
Purtroppo mi ci sono ritrovato
per sciocchezze compiute in passato,
il dolore è ancora lì
dove l’ho lasciato.
Gioventù ed inesperienza
creano danni a entrambi,
però com’era bello
rivestirla di parole
ed essere ricambiato.
01 maggio 2020
Purtroppo mi ci sono ritrovato
per sciocchezze compiute in passato,
il dolore è ancora lì
dove l’ho lasciato.
Gioventù ed inesperienza
creano danni a entrambi,
però com’era bello
rivestirla di parole
ed essere ricambiato.
01 maggio 2020
Orfeo 9 è la prima opera rock italiana, nasce come rappresentazione teatrale al teatro Sistina di Roma nel 1970, diventa un doppio album e un film nel 1973.
L’autore è Tito Schipa Jr. e racconta una versione moderna del mito di Orfeo.
Con Tito Schipa Jr, Renato Zero, Loredana Bertè, altri attori non proprio conosciutissimi.
Dal primo ascolto ho amato le canzoni del disco, mi sono entusiasmato per le immagini del film, per la loro spontaneità, semplicità, ingenuità, dove ho sempre scorto richiami all’ideale di vita di quei tempi in cui tutto è nato.
Parole, musica e immagini sono ben legate tra di loro caratterizzando i vari personaggi in modo tale da farmene amare alcuni e odiare altri.
Ancora oggi sentire la voce pacata di Tito Schipa Jr mi fa stringere il cuore, trasportandomi in un’altra dimensione, sicuramente del passato.
Emozioni, sono solo emozioni che mi arrivano, trasmesse dalla trama e dagli interpreti, ma anche dalla musica del 1973, che è come un marchio di fabbrica della sperimentazione e della libertà musicale.
Ricordo benissimo quegli occhi chiusi sulle cui palpebre due occhi disegnati ti guardavano fisso entrandoti nella mente. Ho sempre amato quell’universo personale che ogni persona racchiude dentro di se, e spesso ho vissuto la vita con gli occhi chiusi in posti magnifici e misteriosi. Ho sempre amato il momento di andare a dormire, proprio per “perdere conoscenza” ed essere libero, senza l’onere del corpo.
Allungo una mano al cielo
per trarre ispirazione
so che mi guardi
con l’indice mi sfiori
ti sento e mi sconvolgi.
Domani pioveranno ancora lacrime
ma non su questa Terra,
non più ormai grazie a noi,
tu ed io siamo una cosa sola,
possibile sia l’unico ad averlo capito?
Allunghi la mano verso la Terra
a toccarci tutti, almeno una volta,
per farci sapere che ci sei,
poi verranno tutti a casa tua
e non sarò più solo,
non saremo più soli.
Che senso ha essere Dio e Uomini
quando tutti gli uomini sono te,
vedo un futuro eterno al tuo fianco
a giocare a scacchi e domino
ricordando i bei tempi che furono
quando non credevo alla tua esistenza,
quando ti sentivi così solo.
15 dicembre 2019
Ed or che la bella
voce è ita via,
me n’ vo alla foce
della vita mia,
ch’erta errando
d’abissi colma
par salendo,
invero, declinando scema.
Parole in libertà e assonanze in ottine di quattro terzi
Questo silenzio sta urlando
così forte
che per metterlo a tacere
devo scriverci sopra
parole mie
per dire a te
proprio a te
che stai rasentando la lontananza
e poi si sa
che la lontananza è come il vento
spira sempre in una direzione
non torna mai indietro
e ci allontana
separandoci
anche se sul ponte
sventola bandiera bianca
e poi si sa
ancora
che la nave va
dove la porta il vento
con la bandiera
e tutti i marinai
vele al vento
oltre l’orizzonte dell’addio.
Questo silenzio si colora
di ricordi e parole
indelebili
alla memoria che lentamente
segue il vento e la lontananza
così che ogni pensiero
s’innalza verso il cielo
là dove un giorno giocheremo a carte
non c’è rimorso
non c’è rimpianto
solo un legame da tempo annodato
mai disciolto
siamo pezzi di fune
portati dalla corrente
lasciati sulla riva del mare
a decantare gesta nel regno dell’utopia
ogni tanto un granchio passa
alza la chela armata e ci saluta
canapi putrescenti di marine memorie
tempi ormai caduti da un dì
nel culo della clessidra
che non si vergogna
della propria nudità
mentre arrossiamo per un bacio i-nondato.
Questo silenzio mi ronza in testa
da stamani che non ragiono
è il momento giusto perchè
anche a te ronzi qualcosa
un moscone, forse un rosone
sicuramente qualcosa in-one
e mi appoggio al muro umido di pianto
e su di esso scrivo il mio lamento
sono un gessetto
questa la lavagna
forse tu la cimosa
o la cima-rosa irraggiungibile
da scalare ma ammiro l’altezza
adoro la montagna
mi guardi dall’alto insormontabile roccia
ed io m’improvviso pietrisco
e poi mi ritrovo sorriso miracoloso
di quello a semi-denti e fossette
che forse ricorderai o che so
almeno una visione in sogno
di un’altra vita
un’altra dimensione
quando non importava recarsi alla stazione
ma accendere una radio per cantare una canzone.
Questo silenzio mi sembra un’icona
sai di quelle dorate come nelle chiese ortodosse
dove il silenzio diventa mistico
e la ragione perde di senso
se ne andasse anche il senno sarei felice
così urlerei la mia pazzia
e mi annoderei sulla riva del mare
aspettando le braccia dell’onda per tornare al largo
poi farei il morto sul pelo dell’acqua
e non hai idea di quanto possa essere pelosa
come un orso
come un enorme orso in letargo
quel ronfare nel silenzio del freddo invernale
nel caldo infernale dei pensieri ricorrenti
e infine cadere nel sogno
fosse anche quello dell’orso acquatico
ed eccomi giunto alla meta
innanzi a te buona-donna
da un dì cantata
a te offro il mio ed il tuo silenzio
perché tu compia la magia
e trasformi tutto secondo la tua arte
in parole di senso compiuto
senza parteggiare per nessuna parte.
11 ottobre 2018
Vi anticipo la programmazione televisiva del 21 luglio: sul canale Nazionale, tra eventi eccezionali come: Due uomini sulla Luna e, bassezze/amenità umane quali: la Moda Lunare e Mago Zurlì sulla Luna (rabbrividisco), seguiranno il Concerto alla Luna effettuato da un Branco di Lupi e l’attesissimo Decollo dalla Luna.
Avete giusto il tempo di cenare e potrete vedere un bellissimo film americano intitolato: XX secolo (del 1934), sempre e rigorosamente in bianco e nero, ossia nei colori con cui siete abituati a vedere il mondo.
Infine il Telegiornale, per andare a letto felici e meditare sul vostro futuro a colori, fatto di viaggi spaziali, elaboratori elettronici, pillole come cibo ingoiate con avidità nei vostri piccoli loculi che chiamerete casa.
Nel caso non amiate la scienza ma la cultura, potrete sempre volgere la vostra attenzione sul Secondo canale dove, oltre al Segnale Orario e al Telegiornale, ci sarà la trasmissione: Incontri 1969, Itinerario di una poesia.
Infine, per rendere ancora più emozionante ed elettrizzante la serata, potrete vedere (in bianco e nero) e ascoltare (in modalità mono) un Concerto Sinfonico.
Buonanotte e mi raccomando, alle 23,30 spengete la luce e tutti a nanna.
La signora del lago la bestia portava
sulle immote sponde d’acqua specchiata
tra oniriche nebbie e monti lontani
sull’anatre statiche a galla lontane
ove nemmen la brezza tanto osava
non muovendo foglia e tacer la voce
d’ogni voglia e lontan desìo
sussurrato tra le canne vibranti
d’ombre di sole raggianti raccolte.
26 dicembre 2015
Fiore tra le dita
chino sullo stelo,
stanco o sfinito,
morente.
Bellezza effimera,
colore d’arcobaleno,
petalo di velluto,
silente.
Cede il braccio
lungo il corpo disteso,
cade il fiore
sull’asfalto bagnato.
La ragazza cicatrice senza seno
abbocca come un pesce all’amo,
si china avanti sulla carrozzella,
l’afferra, quel fiore.
Entrambe bellezza effimera
di dolore colme, ma vive,
non importa per quanto,
ma solo per dove.
24 novembre 2019
Meno male che non siamo in guerra
che tutto è bello in questa terra
seguo il binario della ferrovia
lungo le traversine che mi portano via
lontano, lontano, per un viaggio interiore
alla scoperta di te e di quell’amore
di cui ho sentito solamente parlare
a cui mi spinge il dolore del cuore
pensavo fosse amore ma era solo dolore
viaggiavo e soffrivo per trovare calore
per trovare un sorriso che calmasse il mio cuore
tra il pianto e la disperazione di questo malore
caddi dal treno piagato e piegato
il viso riverso attraverso il selciato
sanguinante, ferito, col cuore malato
volai via alto nel cielo stellato
meno male che la guerra è finita
che tutto è bello in questa terra
seguivo i binari della ferrovia
ma fu il mio cuore a portarmi via.
ottobre 2010